Ancora cinque anni di glifosato. La commissione europea rinnova la licenza.

stop glifosato

In questi anni ci siamo mobilitati assieme a tante altre associazioni di consumatori e di difesa dei cittadini in Italia e in europa raccogliendo un milione e trecentomila firme, per chiedere lo stop al rinnovo della licenza di commercializzazione del glifosato, il principio attivo presente nel diserbante Roundup prodotto dalla Monsanto, in scadenza a metà dicembre.

Il mancato rinnovo non avrebbe eliminato dall’oggi al domani l’uso del pesticida: era prevista la possibilità di utilizzarlo ancora per 5 anni per permettere il consumo delle scorte (sic!), e una riconversione graduale dei metodi di coltivazione (doppio sic!) così da non ledere le aziende agricole che praticano agricoltura convenzionale dipendente da questi prodotti (triplo sic!).

Invece, dopo il mancato accordo di inizio novembre, gli stati dell’unione europea, con un voto a 15 giorni dalla data di scadenza della licenza, hanno autorizzato un rinnovo vero e proprio, di 5 anni, a cui si aggiungeranno i famosi 5 per consumo scorte: 18 stati a favore, 9 contrari (tra cui l’Italia) ed un astenuto.

La nostra posizione contraria, che sosteniamo assieme ad altre 50 associazioni nazionali riunite nella coalizione “stop glifosato”, non è ideologica. Nel 2015 il glifosato è stato classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) come «probabilmente cancerogeno per l’uomo». Due mesi dopo aver sentito il parere della IARC, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è giunta alla conclusione opposta: per quest’ultima, infatti, il glifosato è «improbabile che possa rappresentare un pericolo cancerogeno per l’uomo». Tuttavia, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha basato la sua raccomandazione su un rapporto Ue che copia e incolla analisi da uno studio della Monsanto, con pagine dello studio identiche ai passaggi di una domanda presentata dalla Monsanto per conto della Glyphosate Task Force (GTF), un ente industriale guidato dalla società.

L’impressione è che l’attività di pressione dell’industria agrochimica sia stata maggiormente efficace dell’attività di persuasione del fronte delle associazioni, che, nonostante il parere di IARC e OMS, non sono riuscite a far valere il noto “principio di precauzione”, che prevede l’adozione di misure cautelative rispetto a pericoli potenziali, di cui non si ha ancora conoscenza certa.

Rimangono comunque in vigore  le disposizioni del Ministero della salute che restringe il campo di impiego dei prodotti contenenti il principio attivo glifosate, fra le quali:

  • divieto di impiego nelle aree frequentate dalla popolazione, quali: parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie;
  • divieto di impiego in pre-raccolta al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura;
  • il divieto, ai fini della protezione delle acque sotterranee, dell’uso non agricolo su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80%, nelle aree vulnerabili e nelle zone di rispetto.

Ed ora? La coalizione #Stopglifosato guarda con interesse all’iniziativa di alcuni eurodeputati che intendono promuovere una maggioranza al Parlamento europeo per chiedere alla Corte di giustizia dell’UE di annullare la decisione della Commissione, valutata altamente dannosa. E chiede che l’Italia sia coerente con il voto contrario al glifosato espresso a Bruxelles anticipando la sua eliminazione totale dalla nostra agricoltura.